martedì 14 aprile 2009

Elezioni indiane: tutto il mondo è (bel) paese




Mumbai. Il sole è ormai calato da un paio d'ore. Ci incamminiamo per il viale che costeggia la discarica di rifiuti più vasta di tutta l'Asia, brulicante di esseri umani e illuminato da lampioni di luce gialla con ai lati piccole baracche di lamiera ancora incandescente. "Andiamo via! Sta arrivando la polizia!" dice Nafees. "Come la polizia?! Perché?". "E stata chiamata dai tipi che abbiamo incontrato prima". "Chi? Quel gruppo di drogati che ci hanno importunato e minacciato?". "Sì sì, proprio quelli". "E che devo scappare io dalla polizia perché quattro tossici l'hanno chiamata? Ma come funziona?". "Ascoltami, qui c'è la discarica e quei signorotti che te chiami drogati hanno il potere sulle forze dell'ordine, inoltre siamo sotto elezioni".

A sessant'anni dall'indipendenza e a sei mesi dai tragici attentati di Mumbai l'India, la più grande democrazia del mondo, va al voto: un miliardo e duecento milioni di abitanti con più di 120 lingue, senza contare le varie etnie, caste e religioni, 1.055 partiti, 714 milioni di iscritti alle liste elettorali, 35 stati, 800 mila sezioni elettorali, 6 milioni di poliziotti pronti a intervenire per sedare eventuali disordini e una grande sfiducia nella classe politica.

Tre grandi coalizioni e un gruppo di partiti indipendenti si contendono il governo del paese.

Il maggiore partito indiano, il Partito del Congresso, fondato da Nerhu e Gandhi, insieme ad altri partiti minori formano l’Upa (United Progressive Alliance). Il Congresso è un partito di centro, ma anche di sinistra, è per gli operai e i contadini, ma anche per i padroni, è per i poveri, ma anche per i ricchi. Il Congresso è un partito laico, ma anche attento alla religione, è per gli indù, ma anche per i musulmani. Il candidato premier del Congresso è Manmohan Singh (l'attuale primo ministro), una persona buona, mansueta e pacata, ma la vera leader (senza baffetti) è l'italiana Sonia Gandhi con i suoi due promettenti rampolli Rahul e Priyanka, entrambi pronipoti di Nerhu.

L'Nda (National Democratic Alliance), la destra indiana, è capitanata da Advani, l'anziano e populista leader del Bjp (Bhartiya Janta Party), il Partito del Popolo Indiano. Il Bjp è alleato con l'Ss (lo Shiv Shena, L'esercito del re), un partito ultranazionalista che ha le sue radici e il suo maggiore bacino elettorale nel Maharshtra, lo stato di Mumbai. Le Ss sono responsabili dei pogrom anti musulmani del 1992-93. Tra le file del Bjp un altro pronipote del povero Nerhu, Varun Gandhi, se potesse passeggerebbe con dei maiali sui terreni destinati alla costruzione di nuove moschee: recentemente a causa di alcune dure affermazioni anti islamiche ("Ai musulmani taglierei la testa") Varun si è fatto qualche giorno di carcere.

Il Cpi (Partito comunista indiano) e il Cpi-M (Partito Comunista indiano – Marxista), forti in Kerala e Bengala Occidentale dove sono al potere, formano il Terzo Fronte insieme alla governatrice dell'Uttar Pradesh e leader del Bsp (Bhawajan Samaswadi Party) Mayawaty, "la regina dei dalit", e ad altri partiti tra leninisti, maoisti, marxisti, rivoluzionari, repubblicani, falci, martelli, spighe di grano, chiavi inglesi, ingranaggi, pugni chiusi, litigi e scissioni.

La campagna elettorale, ovviamente, non si concentra molto sui problemi reali del paese ed è spesso costellata da continui attacchi personali ed insulti. Oltre al già citato 'aforisma' di Varun Gandhi, il Bjp accusa il primo ministro di essere un leader debole, Sonia Gandhi, specchio riflesso, dice che non è vero: "E' Advani a essere un debole". Un altro candidato del Bjp odia Sonia Gandhi perche italiana e prova fastidio nel sentirla parlare.

Ma spesso sono il reddito dei parlamentari e i settanta candidati indagati per omicidio, stupro, estorsione e corruzione - senza contare le sentenze passate in giudicato - gli argomenti che tengono banco tra una popolazione sempre più qualunquista, la cui partecipazione al voto stranamente è inversamente proporzionale al reddito.

Quel che non manca di certo nella politica indiana è il mondo dello spettacolo. Sono molte le star televisive e gli attori di Bollywood candidati nelle varie liste (anche senza aver fatto un calendario: l'India è un paese pudico).

Tra corruzione e divisioni religiose, entiche, politiche, di casta e di reddito (il 70 percento della forza lavoro è impiegata nei campi, mentre solo lo 0,5 percento produce la metà del Pil), l'India è comunque un paese unito. "Da cosa?", chiedo a Nitin, un manager rientrato da poco a Mumbai dopo anni di lavoro nella City londinese: "Ci unisce il senso della famiglia, e poi il cibo, la Tv e il cricket".

Scappati dalla polizia, chiedo maggiori spiegazioni a Nafees: "La discarica è un grosso business, molte aziende private, specialmente ospedaliere, per risparmiare, si affidano a quei signorotti pagando i politici per sbarazzarsi dei loro rifiuti spesso tossici". "E la gente si ammala?". "Sì, si ammala". "Ma queste aziende sono del nord?". "Che c'entra il nord?". "No niente, andiamo a mangiare".

Arrivati a casa di Nafees, la tavola è imbandita e le donne sono in cucina a preparare da mangiare, si accende la televisione e durante la cena si guarda il telegiornale, poi, a pancia piena, ci sediamo sul divano a guardare la partita di cricket.


(editato per peacereporter)