mercoledì 25 febbraio 2009

SLUMDOG MILLIONAIRE

Si contorce e ride in maniera sguaiata, per terra in mezzo alla polvere, mentre la mia mano gli solletica l’addome gonfio e pieno di vermi. Questo gnappetto alto circa un metro mi sta proprio simpatico, ogni volta che arrivo nello slum mi corre incontro, mi abbraccia la gamba, alza lo sguardo e con il suo sorriso sdentato ed ingiallito mi fa capire che è contento di vedermi.

Sono venuto in questo slum per i bimbi protagonisti del film The Millionaire, Mohammed detto Mohd (Salim) e Rubina (Latika), che sono in partenza per l’ Oscar. Mohd è molto gentile, ride e scherza. E’ eccitato come un bambino in partenza per il successo, ma non se ne rende completamente conto. La mamma di Mohd indossa sempre un sari bianco e nero; mi ha detto che per gli Oscar ne vuole uno nuovo e mi ha chiesto 1000 rupie. Il giorno dopo il rosa del suo novo sari risplende di luce propria per tutto lo slum. Il papà di Mohd è scorbutico e malato di tubercolosi, ha 45 anni ma ne dimostra 70. Sono ancora poveri nonostante l’Oscar, ma hanno sempre la speranza: ‘Uncle Danny ci ha comprato una casa e ci paga gli studi’, inoltre ha istituito un fondo al quale i bimbi possono accedere una volta raggiunta la maggiore età. Per ora vivono sotto una specie di tenda costruita con pali di legno e un telone di plastica che pubblicizza una società di costruzioni di Mumbai.
Mohd ogni volta che mi vede mi da il cinque ed insite per giocare con la mia macchina; gli ho comprato un paio di scarpe nuove, “gli servono per Los Angeles” dice la madre. Il piccolo smoking invece è un omaggio della produzione e viene messo con cura dentro la valigia il giorno della partenza. Il padre è spesso sdraiato su una stuoia con una flebo nel braccio mentre un suo amico li accanto si accende cilums di charas. Mohd ogni tanto va dal padre per assicurarsi delle sue condizioni e lui lo ripaga con affetto ed orgoglio.
Quando arrivano i fotografi e la Tv è un casino, Mohd viene circondato, i flash lo immortalano e spesso ha la faccia perplessa: non è ancora abituato a tanta fama. Rubina invece è gia una star: sorride, ammicca ai fotografi ed è spigliata di fronte alle telecamere.

C’è una macchina della Fox di fronte all’entrata dello slum sulla via principale che lo divide dalla ferrovia. Le due giovani stars, inseguite da TV e fotografi salgono sull’auto e vanno via a ritirare i loro passaporti. Io intanto colgo l’occasione per farmi un giro.

Due persone entrano in una specie di grotta: un tunnel che passa proprio sotto la strada dove sostava la macchina. Nel tunnel, alto poco più di un metro, spunta dal terreno una grossa tubatura dell’acqua. Sui lati, con mattoni e tavole di legno sono state costruite delle miniabitazioni di 2x3 metri, ne conto 10 per lato.
In fondo ad ogni tunnel c’è sempre una luce ed in questo caso è la stazione ferroviaria di Bandra.
Ovunque c’è sporcizia. Vedo un gallo zampettare sulla tubatura dell’acqua ed un gatto magro e fuori forma che va a caccia di ratti piuttosto grossi, scattanti e ben nutriti.
La prima stanza sulla destra è aperta e c’è una luce accesa. Una giovane donna è seduta per terra insieme ai suoi bambini. La donna mi guarda, io le chiedo a gesti se posso entrare, lei mi accoglie con uno sguardo dolce e timido. Fa un caldo infernale nella stanza, l’aria è bagnata ed ha un odore forte che si respira con la bocca dello stomaco. La giovane donna mi fa segno di accomodarmi, io, ingobbito dalla bassezza del soffitto, sposto un pentolino con degli avanzi di riso e formiche e mi siedo, fregandomene dei numerosi escrementi di ratto.
C’è una televisione accesa.
Pochi minuti dopo entra il capofamiglia. “As-Salam Alaikum sir”, “Alaikum Salaam”, mi risponde lui con un sigaretta trattenuta da un sorriso. Cerco di alzarmi per portargli rispetto ma lui mi fa un cenno: “non disturbarti”.
Una lampadina e la televisione illuminano la calda stanza. Si suda. Io lui, lei e 5 figli. Lei ha 25 anni e cerco di chiedergli come, quando, perchè 5?! Mi risponde che ne hanno altri 4 in giro. “Mio dio, perché fanno figli?!” dico tra me e me.
Uno dei bimbi (avrà 3 anni) piange, e non perché ha fame, ma dal dolore, si capisce perché è un pianto tormentato. La mamma accoglie il pianto tra le sue braccia insieme al più piccolo di pochi mesi. “Ha mal di denti” mi fa segno con una mano nella bocca.
Il più grande dei 5 è seduto accanto al padre, entrambi attenti a guardare la televisione ma distratti dalla mia presenza. L’altro fratello e la sorellina mi contemplano.
Sono tutti malridotti e sporchi.
La piccola ha la scabbia e tossisce. La tosse è forte e secca, gratta la gola e rimbomba nella sua gracile cassa toracica. Ha un ciuffo sulla testa legato da un elastico che proietta sul muro una buffa ombra. Gli occhi della bimba sono incantati verso qualcosa che vede solo lei, ma mi guardano, come se fossero sudati, ma non dal caldo. Si maledice dio nel trovare quello sguardo in un bambino. Tossisce ancora, ed ancora, ed ancora, mentre l’altro continua a piangere, l’aria è soffocante ed io che provo pietà.
Come si fa ad avere pietà per un bambino!? Cosi come averne paura?! Non si puo provare pieta’o paura per un bambino! E’inconcepibile! La paura per un bambino prende alla testa (ricordo un ex bambino soldato in Sierra Leone) ma la pietà, quella ti stritola il cuore e non ti ci abitui mai! Non ti ci abitui per il senso religioso che si ha del mondo, che non prevede un aldilà, ma che se svanisse maledirei me stesso oltre che dio.

C’è intimità. Si sono abituati alla mia presenza. L’aria è sempre più bagnata d’odore e umidità. Il più piccolo della prole si appisola mentre le carezze della mamma consolano il mal di denti dell’altro. La piccola continua a tossire ed il suo sguardo a sudare. Il padre guarda la tv insieme al figlio più grande. L’altro pargolo, invece, inizia a sorridermi ed insiste per vedere le foto sul display della macchina. Approfitto della confidenza per solleticargli l’addome con la mano ed è bello vederlo contorcersi per terra in una risata sguaiata.

lunedì 23 febbraio 2009

And the Oscar goes to...

















lunedì 16 febbraio 2009

Stanza e Asif

Ieri ho cambiato stanza, ho preso una singola: Keith è partito per Delhi, dice che si è rotto dell'India e vuole andare a Bangkok a fare un lavoro sui transessuali. La stanza è molto piccola e senza finestre, dato il mio disordine dovrò stare attento a non perdermi le cose. Lo stesso Keith si lamentava del fatto che durante la settimana che sono stato con lui erano spariti un telecomando, una bottiglia di sciroppo per la tosse e due rotoli di carta igienica... Bah... Mistero della fede.


Asif è un buon musulmano, cita spesso il corano ed è anche un bravo fotografo del Time of India: ha coperto gli attentati terroristici di Mumbai del 26/11. Mi ha preso in simpatia e con la moto mi ha portato nello slum di Bandra Est, nel nordovest di Mumbai. Poco tempo fa avevo letto la notizia che i bambini di The Millionaire sono stati lasciati da Danny Boyle nella merda e senza una lira, vorrei verificare.
Arrivati nello slum il bimbo non c'è, "è dal padre in ospedale, tornano domani" ci dice Mazoor un abitante dello slum che insieme ad altri quattro compari sta seduto accanto ad un chiosco che vende bibite e snacks. Chiedo ad Asif se Mazoor conosce la famiglia del bimbo e se puo' organizzarmi un incontro per domani. Siamo ben accolti da Mazoor ed i suoi compagni del "muretto": ci danno una sedia, un tè e dell'acqua. Mentre Mazoor ed Asif parlano in Indi, mi guardo intorno e mi intrattengo con gli altri gesticolando e condividendo le poche parole in inglese da loro conosciute. Ho il sole in faccia,  bevo il tè e tutto il resto che galleggia e che cerca di nuotare verso un improbabile isola che non c'è (se penso agli scarafaggi che mi sono bevuto in Sierra Leone questo è il minimo, inoltre non vorrei offenderli). Di fronte a me la ferrovia, delle baracche e pochi bambini che fanno i loro bisogni in mezzo ai binari, appena dietro le mie spalle una strada larga e polverosa a ridosso dello slum; mi stupiscono le baracche su due piani fatte di lamiera, sembrano castelli di carta. Asif intanto continua a parlare con Mazoor, lo vedo spesso ondeggiare la testa in segno di assenso in un modo che solo gli indiani sanno fare (ogni tanto ci provo, da solo, ma ancora non ci riesco, devo perfezionarmi prima di riuscire ad essere spontaneo).
Uno dei compari, il più anziano, mi mostra con orgoglio il suo orologio: un "rolex d'oro" pieno di "pietre preziose", io lo guardo, sorrido e lo restituisco, mi chiedono da dove vengo e di non preoccuparmi per il bimbo.
L'uomo accanto a me intanto dopo aver bevuto il tè tira fuori un tocco di fumo grosso quanto una noce, "il fumo si prende di fronte alla stazione di polizia" mi dice Asif traducendo l'Indi dell'uomo intento a squagliare e mescolare. Mazoor nel mentre apre un portaocchiali rigido che contiene un cilum. "Vuoi fumare?" mi chiedono, "no, no, no anymore thanks" il  mio rifiuto, non so perchè, suscita in tutti divertimento ed ilarità. Sono anni che non fumo, se mi faccio un tiro da quella pipa, con quella roba (penso sia charas) e sotto quel sole, mi ricoverano. Neanche Asif fuma. 
Sono in 5 e fanno una bella tirata ciascuno.
Io ed Asif ringraziamo del tea e ci congediamo gentilmente dall'allegra compagnia, appuntamento a domani con Mazoor "ma chiamami un'ora prima di venire".

Prima di avviarmi verso l'hotel io ed Asif andiamo accanto alla stazione per un'altra tazza di tè.
Asif è robusto, porta sempre un cappellino da baseball, ha la barba fatta e e gli occhi buoni e tristi. Mi dice che ha 29  anni, che è nato in Uttar Pradesh ma sono ormai 20 anni che vive a Mumbai. Mi spiega come mi devo comportare, quando devo stare attento, mi da un po di contatti e mi mostra la città di fronte ad una mappa. Poi parla del Pakistan (sui giornali Pak), dell'India in generale, le sue numerose lingue (più di 120) e del suo essere musulmano. Ovviamente condanna duramente il terrorismo citandomi il Corano: "Killing one innocent person is equivalent to killing the whole of humanity while saving one life is equivalent to saving the whole of humanity". Parlando di religioni non so perchè il discorso cade sui babas, quei tipi che ad esempio, per scelta, decidono di rimanere con un braccio alzato o decidono di non sedersi mai (in questo caso standing babas): "Che ti frega di quei stupidi babas? Cosa fanno loro per gli altri? Cosa significano? Le nostre azioni devono sempre avere a che fare con gli altri, devono tendere a migliorare cio che ci circonda, se io faccio una foto ad una buca e la pubblico qualcuno forse il giorno dopo si muoverà per riattopparla" "Good point" rispondo io. Lui sorride e sempre con quell'aria buona e triste paga il conto e mi accompagna alla stazione: "Ciao Luke, ci sentiamo domani e chiamami per qualsiasi cosa" 



Il giorno dopo ho incontrato il padre del bimbo, vuole $100.


Regola N. 1: A Mumbai bisogna fare molta attenzione ad attraversare la strada. 


giovedì 12 febbraio 2009

L'Accessorio


Ieri ho visto un Uomo trascinarsi alla stazione ferroviaria di Andheri, a nord di Mumbai.
L'Uomo era seduto e si spingeva con le esili braccia appoggiate appena dietro l'osso sacro. Le gambe, intanto, a fatica, cercavano di tirare verso di se quei pochi metri d'asfalto rimasti che lo separavano dalla sua cuccia dietro una colonna della stazione. 
La gamba sinistra sembrava molto gonfia ed era completamente avvolta da uno straccio nero, a nascondere, o a preservare dalla sporcizia, una malformazione o infezione.
L'Uomo era lercio ed indossava un abito grigio. La barba ed i capelli lunghi nascondevano una carnagione scura, gli zigomi erano molto sporgenti, come se qualcuno li avesse gonfiati dall'interno; e gli occhi! Mio dio quegli occhi! tremendamente neri, grandi e vitrei.
L'Uomo non aveva nulla con se, solamente un taschino vuoto all'altezza del petto, talmente attillato al tessuto sottostante da non poter nascondere neanche una ipotetica banconota da una rupia. 
In un momento, però, intento ad osservare l'innaturale inclinazione dei polsi, segnati da anni vissuti in quelle condizioni, ho notato un anello all'anulare della mano destra. L'anello, di un metallo imprecisato, era sporco ed ossidato.
Quell'anello era l'unica cosa che possedeva, poteva valere un pasto o qualche spicciolo, ma l'Uomo, dagli occhi tremendamente neri, grandi e vitrei, lo aveva ancora al dito!

lunedì 9 febbraio 2009

Mumbai Victoria Station





domenica 8 febbraio 2009

India Today pools: Giovani e Politica




INDIA TODAY

Articolo del 5 febbraio 2009

Exclusive pool: youth and politics

73% of young India thinks politician should retire at 60

47% think that India can function better only under military rule

56% believe in exercising their right to vote

91% want backround checks on candidates

38% in Delhi say they won't vote for a candidate outside their religion

84% would reject candidates with criminal records

82% have faith in India electoral system

30% think that politicians are doing a good job. The highest in Mumbai at 64%. Only 21% believe that they are bad.

89% say that candidate's backround information should be made available to a voter

35% of Mumbai youth worry about increasing poverty, followed by unemployment (27%) as opposed to terror threats (18%)

Che schifo

Che schifo! E' tutto sporco di sangue, il corridoio, il bagno in comune e la stanza accanto alla nostra. Proprio quella stanza, quella grande dove oggi dovevamo trasferirci.

E' una coppia di hippies che ha fatto il casino. Lui ha i dreadlocks, magro, barba incolta, qualche ruga e gli occhi a mezz'asta, mi sa che è un tossico. La voce è impastata: "she doesn't want to go to the hospital"; ed i suoi piedi!? E' uno che cammina scalzo, si vede dalle cicatrici, ora sporche di polvere e sangue. Lei è seduta su un pacchetto, nello stretto corridoio, con la testa chinata sul petto; è tutta sporca di sangue, sembra avere una ferita alla testa. Anche lei ha i piedi martoriati e sporchi.

Abu, il padrone dell'hotel è incazzato nero, non sa da dove iniziare a pulire, urla e li manda affanculo in ospedale: Do not come back again!"

Ed io? Anche io sono incazzato, il cesso è sporco di sangue e sono desideroso di evacuare il cibo vegetariano di questi due giorni: dona masala, south indian hali with palawi, butter idli, medu wapa,... ed un club sanwitch.

L'Odore dell'India

E' proprio vero! E' l'odore! E' l'odore la prima cosa che ti colpisce in India, lo diceva Pasolini nel '61 e ora lo dice Pellecchia nel 2009: "quell'0d0re, quel misto frutta, legna bruciata, smog, marcio".
Prima dei sentimenti e della ragione viene l'olfatto. Respiri l'Odore, e non ti abitui, stupisce, ti accompagna e sarà un ricordo.

Sul taxi non ho fretta di arrivare in hotel, è lui che perde tempo non io.
Stanco del lungo viaggio, mi godo ciò che vedo, sento e respiro, nel torpore dei miei pensieri: chiasso, traffico, gente che attraversa per strada, uno che piscia, mendicanti scalzi, i palazzi "scafazzati" (come direbbe Alfredo), il cielo quasi bianco per l'umidità, le voci, i calcson, la sporcizia, uno che fuma, una donna con un bellissimo sari giallo e blu, tre bambini che si affrettano ad andare a scuola, altri tre che fanno l'elemosina al mio finestrino, "se non suoni il clacson la città è più vivibile" recita un cartello, sento della musica ma non so da dove viene, il mio taxi con Shiva e Visnu sul cruscotto e quell'uomo butterato e con i baffi a volante... frena, poi accelera, poi frena di nuovo e riaccelera, sterza a sinistra, poi di colpo a destra e ancora a sinistra, sembra aver trovato uno spazio dove passare ma alla fine si ferma, arreso... ed io, stanchissimo, barcollo avanti ed indietro, incastrato tra lo zaino e lo sportello, lasciandomi trasportare. L'Odore è forte ed il sole del mattino, ancora basso, allunga le ombre ed illumina la scena con una luce dorata.

Ho comprato la simcard indiana, ho mangiato, mi sono fatto un paio di birre al Leopold (famoso per gli attentati del 26/11 oltre che per Shantaram) ed ho chiamato i miei contatti (appuntamento domenica con uno e lunedì con l'altro). Mi fumo una sigaretta e vado a dormire. Non faccio in tempo a toccare il materasso che crollo in un sonno profondo evitando così il limbo del dormiveglia spesso ricco di pensieri.