martedì 20 ottobre 2009

Suburbi di Roma: Breve racconto agiografico




“PORCO DIO … E ANCHE PORCA MADONNA” è scritto su un muro sporco e giallastro, illuminato da una pallida luce al neon e circondato da sesso, politica, Forza Roma e Lazio merda.

Un uomo la mattina presto scende le scale per andare a lavorare, ed ogni mattina quando il sole non è ancora sorto maledice anche lui il suo dio per quel buongiorno scritto di fretta e con un pennarello nero.

Ma quell’uomo, a torto, non sa che c’è dell’umorismo in quei “puntini E ANCHE” che distinguono un dio contorto nel nutrirsi tra le sue feci e una madonna non più vergine né immacolata.

martedì 14 aprile 2009

Elezioni indiane: tutto il mondo è (bel) paese




Mumbai. Il sole è ormai calato da un paio d'ore. Ci incamminiamo per il viale che costeggia la discarica di rifiuti più vasta di tutta l'Asia, brulicante di esseri umani e illuminato da lampioni di luce gialla con ai lati piccole baracche di lamiera ancora incandescente. "Andiamo via! Sta arrivando la polizia!" dice Nafees. "Come la polizia?! Perché?". "E stata chiamata dai tipi che abbiamo incontrato prima". "Chi? Quel gruppo di drogati che ci hanno importunato e minacciato?". "Sì sì, proprio quelli". "E che devo scappare io dalla polizia perché quattro tossici l'hanno chiamata? Ma come funziona?". "Ascoltami, qui c'è la discarica e quei signorotti che te chiami drogati hanno il potere sulle forze dell'ordine, inoltre siamo sotto elezioni".

A sessant'anni dall'indipendenza e a sei mesi dai tragici attentati di Mumbai l'India, la più grande democrazia del mondo, va al voto: un miliardo e duecento milioni di abitanti con più di 120 lingue, senza contare le varie etnie, caste e religioni, 1.055 partiti, 714 milioni di iscritti alle liste elettorali, 35 stati, 800 mila sezioni elettorali, 6 milioni di poliziotti pronti a intervenire per sedare eventuali disordini e una grande sfiducia nella classe politica.

Tre grandi coalizioni e un gruppo di partiti indipendenti si contendono il governo del paese.

Il maggiore partito indiano, il Partito del Congresso, fondato da Nerhu e Gandhi, insieme ad altri partiti minori formano l’Upa (United Progressive Alliance). Il Congresso è un partito di centro, ma anche di sinistra, è per gli operai e i contadini, ma anche per i padroni, è per i poveri, ma anche per i ricchi. Il Congresso è un partito laico, ma anche attento alla religione, è per gli indù, ma anche per i musulmani. Il candidato premier del Congresso è Manmohan Singh (l'attuale primo ministro), una persona buona, mansueta e pacata, ma la vera leader (senza baffetti) è l'italiana Sonia Gandhi con i suoi due promettenti rampolli Rahul e Priyanka, entrambi pronipoti di Nerhu.

L'Nda (National Democratic Alliance), la destra indiana, è capitanata da Advani, l'anziano e populista leader del Bjp (Bhartiya Janta Party), il Partito del Popolo Indiano. Il Bjp è alleato con l'Ss (lo Shiv Shena, L'esercito del re), un partito ultranazionalista che ha le sue radici e il suo maggiore bacino elettorale nel Maharshtra, lo stato di Mumbai. Le Ss sono responsabili dei pogrom anti musulmani del 1992-93. Tra le file del Bjp un altro pronipote del povero Nerhu, Varun Gandhi, se potesse passeggerebbe con dei maiali sui terreni destinati alla costruzione di nuove moschee: recentemente a causa di alcune dure affermazioni anti islamiche ("Ai musulmani taglierei la testa") Varun si è fatto qualche giorno di carcere.

Il Cpi (Partito comunista indiano) e il Cpi-M (Partito Comunista indiano – Marxista), forti in Kerala e Bengala Occidentale dove sono al potere, formano il Terzo Fronte insieme alla governatrice dell'Uttar Pradesh e leader del Bsp (Bhawajan Samaswadi Party) Mayawaty, "la regina dei dalit", e ad altri partiti tra leninisti, maoisti, marxisti, rivoluzionari, repubblicani, falci, martelli, spighe di grano, chiavi inglesi, ingranaggi, pugni chiusi, litigi e scissioni.

La campagna elettorale, ovviamente, non si concentra molto sui problemi reali del paese ed è spesso costellata da continui attacchi personali ed insulti. Oltre al già citato 'aforisma' di Varun Gandhi, il Bjp accusa il primo ministro di essere un leader debole, Sonia Gandhi, specchio riflesso, dice che non è vero: "E' Advani a essere un debole". Un altro candidato del Bjp odia Sonia Gandhi perche italiana e prova fastidio nel sentirla parlare.

Ma spesso sono il reddito dei parlamentari e i settanta candidati indagati per omicidio, stupro, estorsione e corruzione - senza contare le sentenze passate in giudicato - gli argomenti che tengono banco tra una popolazione sempre più qualunquista, la cui partecipazione al voto stranamente è inversamente proporzionale al reddito.

Quel che non manca di certo nella politica indiana è il mondo dello spettacolo. Sono molte le star televisive e gli attori di Bollywood candidati nelle varie liste (anche senza aver fatto un calendario: l'India è un paese pudico).

Tra corruzione e divisioni religiose, entiche, politiche, di casta e di reddito (il 70 percento della forza lavoro è impiegata nei campi, mentre solo lo 0,5 percento produce la metà del Pil), l'India è comunque un paese unito. "Da cosa?", chiedo a Nitin, un manager rientrato da poco a Mumbai dopo anni di lavoro nella City londinese: "Ci unisce il senso della famiglia, e poi il cibo, la Tv e il cricket".

Scappati dalla polizia, chiedo maggiori spiegazioni a Nafees: "La discarica è un grosso business, molte aziende private, specialmente ospedaliere, per risparmiare, si affidano a quei signorotti pagando i politici per sbarazzarsi dei loro rifiuti spesso tossici". "E la gente si ammala?". "Sì, si ammala". "Ma queste aziende sono del nord?". "Che c'entra il nord?". "No niente, andiamo a mangiare".

Arrivati a casa di Nafees, la tavola è imbandita e le donne sono in cucina a preparare da mangiare, si accende la televisione e durante la cena si guarda il telegiornale, poi, a pancia piena, ci sediamo sul divano a guardare la partita di cricket.


(editato per peacereporter)

mercoledì 18 marzo 2009

Insonnia


Il sole aveva ormai esalato l’ultimo respiro dietro una montagna di merda lasciando il crepuscolo come suo breve ricordo. Quell’eco fatto di luce aveva il suono di un lamento strozzato.


Sono le 3 di notte, il ventilatore è acceso, velocità 5, ma mi da fastidio, stasera fa troppo rumore e poi mi solletica i peli delle gambe, ma quando lo spengo sudo e mi si appiccicano le lenzuola sulla pelle, allora lo riaccendo, cazzo fa rumore, non ha mai fatto rumore! O forse si ma stasera mi da fastidio, provo ad abbassarlo a velocità 2 e la situazione migliora, ma sento il respiro del guardiano che dorme proprio di fronte alla mia stanza. Mi siedo sul letto e penso che mi piacerebbe affacciarmi alla finestra se ce ne fosse una. Mi viene in mente Benigni in Daunbailò (Down by law) che disegna una finestra sul muro della cella. Nella stanza c’è un flebile chiarore, ma non so da dove viene. La mappa dell’India appesa alla parete di fronte al mio letto accanto alla televisione… “s’illumina di immenso”, mi verrebbe da dire, ma il silenzio della notte a volte suggerisce cazzate. Mi sdraio ma non ho sonno, mi giro a pancia sotto e sento la mia schiena sudata piacevolmente rinfrescata dalla debole brezza del ventilatore.
Ho 95gb di foto che non ho ancora visto.


E’ la discarica di rifiuti più grossa di tutta l’Asia (almeno così si dice, lo scrive anche il Times of India), 1,27Km2, in uso dal 1927 e 1200 i camion che ogni giorno scaricano 5000 tonnellate di merda di ogni genere, legale ed illegale.

L’ho scattata quella foto! Ci hanno beccato ma l’ho fatta: siamo andati con un rickshaw dentro la discarica, senza permesso, io avevo appena finito la memory card da 8gb ed avevo fatto qualche scatto con una 4gb, un camion ci ha fermato, uno tipo e' sceso ed e' salito nervosamente sul nostro rickshaw, dopo un battibbecco con chi guidava, siamo andati nell'ufficio della vigilanza. Il poliziotto ha iniziato a parlottare con Nafees, che in seguito mi ha detto che dovevo cancellare le foto di fronte alla guardia, "non c'e' problema". Una volta usciti dall’ufficio, Nafees mi ha dato il 5 ridendo, lo sapeva che avevo l’altra scheda da 8 nascosta da qualche parte.

Provo a girarmi a pancia all’aria ed a mettermi il cuscino sopra gli occhi, il respiro del guardiano inizia a mugugnare. Da sotto il cuscino mi spunta un sorriso.

Ero controluce, la discarica era enorme, tossivo, era tutto in fumo e si vedevano i camion spuntare dalla nebbia acida e qualche disperato che passeggiava in lontananza su montagne di merda tossica. Nafees aveva paura dei cani, io no perché li vedevo troppo malmessi ed indaffarati a cercare qualche sterco o rimasuglio ammuffito da deglutire per badare ad un uomo bianco con una macchina fotografica al collo ed il suo compare musulmano.

Niente, non dormo. Si si speriamo di ottenere il permesso per la discarica. Non so quante persone vivono in quelle baracche. Mi sono svegliato da un attimo di dormiveglia, cazzo quasi dormivo, è quel crepuscolo, il ricordo di quella luce morente che fa rumore.

Un bambino piccolo prendeva a calci con violenza due cuccioli di cane, le baracche e una distesa imprecisata, plastica ed altro, ma quel crepuscolo è altro nei miei ricordi. Ho una sensazione e quella foto non basta.

L’unica casa in muratura era disabitata, nel bel mezzo di una pianura… diroccata, sembrava bombardata. Quella luce a fatica riusciva a darle un colore giallastro ed dei bambini correvano divertiti da qualche gioco.

In mancanza di una finestra, accendo la televisione. HBO… cazzo … Poliziotto a 4 zampe con James Belushi un classico ed è anche iniziato da poco, speriamo di prender sonno…

Ho il magone ma non so perché.

Perché Nafees si fa in due per aiutarmi? lui e altri due compari che mi fanno da “scorta”…? Non posso fare a meno di loro, non mi posso addentrare da solo , la discarica in parte è illegale, siamo sotto elezioni ed è un ottimo affare per molte persone, inoltre la zona è a maggioranza musulmana waabita, e sono tutti un po’ scettici. Naseef, pagava i conti a mia insaputa, poi mi sono imposto, ieri gli ho dato un anticipo di 2000 rupie, senza che lui me lo chiedesse. Ci tiene al mio lavoro, si impegna molto, si sente un buon musulmano nell’aiutarmi: “E’ la lotta interiore per migliorare se stessi la vera Jihad.”
E’ bravissimo a risolvere problemi e situazioni, anche durante la manifestazione shiita di due giorni fa, Naseef mi ha guidato, e tenuto lontano dalle grane.

Bella la conversazione avuta di fronte ad un bicchiere di te' con l’Imam.

Il riso di bassa qualità tipo LS costa 15 rupie al kg, quello buono il Basmati normal arriva anche a 90RS, un rotolo di carta igienica costa 40 rupie. Il latte è annacquato. L’acqua è contaminata.

Provo a distrarmi con il film, fa caldo e non dormo, quindi aumento la velocità del ventilatore.
“Domenica mi sono proprio divertito” molto carina quell’inglese speriamo di rivederla, che strano nome Tara, bah…
Il film nella notte per quanto leggero è piacevole, a questo punto forse mi distraggo, e mi viene sonno, sono le 4. Niente, mi siedo sul letto e mi attacco alla bottiglia dell’acqua, o anche una leggera acidità di stomaco e non ho le pastiglie. Mi viene in mente Nafees che dava una spinta ad un tipo che in maniera “troppo affettuosa” mi strattonava la manica per volere una foto.
C’era tanta energia tra gli shiiti che celebravano la battaglia di Karbala, una ricorrenza molto importante per loro, la celebrazione di un lutto. Ho quei rumori nelle orecchie, la confusione ed il pianto di una donna commossa da tanta religiosità.
Ma il magone aumenta e non so perché.

Nafees mi ha chiesto dell’Italia, la situazione degli stranieri e soprattutto dei i musulmani.. gli ho raccontato un po’ di cose compresa la storia di Calderoli e dei maiali.
L’Italia…provinciale, un po’ fascista e xenofoba…

Forse non è proprio inutile il lavoro che sto facendo… forse… Ma ho ancora il magone, ed ancora un po’ di acidità, il ventilatore continua a girare e la televisione a mostrare il cane e James Belushi che litigano.

Non bisogna mai sdraiarsi sul letto ed incantarsi a fissare il ventilatore che gira… aprendo e chiudendo gli occhi il più veloce possibile per cercare di fermare il roteare delle pale.

Non ho neanche le sigarette, ho diminuito parecchio, non compro più pacchetti ma solo sigarette sfuse, sono passato dalle 40 dei primi giorni alle 8-10.

Era quasi buio ma c’era ancora quell’eco di luce, in lotta per farsi largo in un atmosfera densa e fumosa… E quella massa accartocciata di lamiere, polvere, merda ed esseri umani, la banale quatidianeità del sopravvivere e quella latente disperazione nascosta nei loro sorrisi.

Mi ritorna in mente la ragazza inglese dell’altra sera, era moto carina, e poi aveva delle mani bellissime, dita lunghe e magre con smalto rosso scuro, la pelle chiara era liscia calda e profumata. Le labbra carnose.
Cerco di accontentare la mia erezione e mi addormento… alla nascita di un nuovo giorno, a la petite morte.





domenica 15 marzo 2009

Pradeeb Sharma


“Ho ucciso 110 uomini” ed ordina un succo d’ Ananas.
Si presenta cosi, senza neanche avergli fatto una domanda, Pradeeb Sharma, special encounter specialist della polizia di Mumbai, per ora fuori servizio a causa di un’ accusa di corruzione, “Ma tornerò nell’arco di un paio di mesi, una volta risolto questo problema con la giustizia”.
Uno special encounter specialist è una specie di super poliziotto anticrimine, antimafia, antiterrorismo con licenza di uccidere.
Io e Mister Sharma c’incontriamo in un grande albergo di lusso nel nord ovest di Mumbai. Ha un viso lungo ed un po’ ossuto, i suoi baffi poco folti sono un po’ ridicoli, i capelli invece sono tanti, neri e ben pettinati da una parte (come tutti gli indiani: dagli slum ai colletti bianchi non ho mai visto un indiano con i capelli in disordine). Mr Sharma indossa una semplice camicia bianca a righine blu, ben stirata e messa con cura dentro dei semplici jeans sorretti da una cinta di cuoio nera. Ai piedi indossa dei mocassini, anche loro neri e leggermente allungati in punta. Ha un bel orologio d’ acciaio ed un anello d’oro con una pietra bianca. Sul tavolo, accanto al succo, appoggia il suo fedele borsello nero con dentro una Smith e Wesson e 5 telefonini: “ho 400 amici sparsi per tutto il mondo”.
E’ arrivato con una macchina blindata e 5 uomini di scorta, il più fedele lo ha seguito dentro l’albergo.
Pradeeb Sharma è venerato come un dio, lo conoscono tutti in città ma ha una fama che travalica i confini nazionali, è un mito, sulla sua vita sono stati fatti due films: Ab Tak Chappam e Aan. Il Time magazine inoltre nel 2003 gli ha dedicato la copertina.

Il suo inglese arranca ma ad aiutarmi c’è Mateen, il giornalista del Times of India che ha organizzato l’appuntamento. Insisto sui 110 uomini, non per morbosità ma non penso che esista un poliziotto al mondo che nell’arco della sua carriera abbia ucciso così tante persone, neanche Henry Callaghan. Gli chiedo se ha qualche rimorso, “No”, mi dice deciso “Ho solo fatto il mio dovere”, “quindi meritavano tutti di morire?” “si”.
Mr Sharma ha un tono pacato, a volte sorride ed ha lo sguardo distaccato di un semplice impiegato pubblico. A suo modo è un Fantozzi con la pistola.
“Piu volte hanno tentato di farmi fuori ed ora anche questa grana giudiziaria”. Se si pensa che per ogni uomo ammazzato ci siano almeno 10 tra amici, familiari e colleghi disposti a tutto per fargliela pagare in qualche modo, Pradeeb Sharma ha più di 1000 nemici in patria e all’estero. Ha nemici anche tra i suoi colleghi e tra le alte gerarchie politiche che non gli perdonano l’eccessivo uso della forza. Dicono che è il leader di una “squadra della morte”. A causa dell’uccisione di uno spacciatore nigeriano l’India ha avuto dei seri problemi diplomatici con la Nigeria che ha chiuso l’ ambasciata per una settimana.
Gli chiedo se tra tutti quelli uccisi, ci sia un fatto un avvenimento che desidera raccontare: “Si, quando mi hanno colpito al petto, è successo nel 2003, proprio sulla superstrada che avete preso per arrivare a quest’albergo. Avevo ricevuto una soffiata da un “amico”: tre terroristi che stavo cercando già da un po’ ti tempo sarebbero arrivati con un furgone pieno di AK 56. Ci appostammo per ore, io e 4 dei miei uomini, armati di AK 47. Il furgone arrivò alle 12 am, appena accertata l’identità dei terroristi iniziammo a sparare. Non so quanto durò la sparatoria ma fini con i tre terroristi morti ed io portato via in barella”.
Gli chiedo se ha paura di morire, lui prende il mio block notes e scrive banalmente: “Death is beautiful”.

“Non c’è più la mafia di 10 anni fa, la polizia di Mumbai ha fatto un ottimo lavoro. Negli ultimi sette otto anni sono stati eliminati 627 uomini legati alla criminalità organizzata, inoltre tutti i maggiori boss sono in carcere o all’estero”.
Ma tra questi c’è Hibraim Dawood.
Dawood è uno dei più pericolosi e potenti criminali dell’intera Asia, oltre a trafficare e a costruire palazzi, nel 1993, dal suo esilio dorato di Dubai, diede supporto logistico ai terroristi che a Bombay, con una seire di bombe uccisero 257 perone. Ora si pensa sia a Karachi, ma il governo Pakistano nega. Secondo gli investigatori, da Karachi, Hibraim Dawood avrebbe in qualche modo aiutato i terroristi degli ultimi attentati del 26/11.
Anche sulla storia di Hibraim Dawood è stato fatto un film: “The Company”

Pradeeb Sharma, è nato a Dhule un piccolo villaggio a 350 km da Bombay, il padre era un professore di letteratura inglese. Guadagna $400 al mese e ha due figlie, sua moglie, 47 anni, fa la casalinga.
Pradeeb Sharma non legge libri, solo quotidiani, gioca a squash e guarda il cricket in televisione [in pantofole, con frittata di cipolle, bottiglia di Peroni e rutto libero].



Mi rincresce non aver scattato una foto a Pradeeb Sharma, doveva essere solamente il primo di due incontri ed ho pensato di rimandare. Non lo ho più visto: Mateen è sparito non si è fatto più sentire e non mi risponde al telefono.
Mateen è un giornalista pieno di se, è uno stronzo che tratta i sottoposti con arroganza e diventa zerbino con chi ha più potere di lui, e non so perchè si sentiva in competizione con me…. Bah… Fanculo…



Squilla il telefono, è Mazoor (in foto)! Quello dell’allegra combriccola (vedi post 'Asif e Stanza'). Ovviamente non rispondo.
Mazoor è un figlio di puttana. E’ uno di quei tipi che nello sguardo ha qualcosa da nascondere . Quando l’ho incontrato ho apprezzato la gentilezza ed il tea ma poi ho lasciato perdere, non mi fidavo, ma ho fatto l’errore di lasciargli il numero di telefono.
Quando mi ha visto lavorare nello slum con il bimbo si è incazzato, urlava come una furia, ha minacciato me, Dinesh (il mio fixer) ed il povero papà di Mohd sdraiato su una stuoia con una flebo al braccio. Pensavo di essermelo levato di mezzo con 10 sterline di londinese memoria e 100 rupie, ma ogni tanto mi chiama.
Ho in seguito scoperto che Mazoor si è fatto 5 anni di galera (scarcerato per mancanza di prove), per aver fatto parte, direttamente o indirettamente, del Tiger Group: i terroristi responsabili delle bombe del 1993.

mercoledì 25 febbraio 2009

SLUMDOG MILLIONAIRE

Si contorce e ride in maniera sguaiata, per terra in mezzo alla polvere, mentre la mia mano gli solletica l’addome gonfio e pieno di vermi. Questo gnappetto alto circa un metro mi sta proprio simpatico, ogni volta che arrivo nello slum mi corre incontro, mi abbraccia la gamba, alza lo sguardo e con il suo sorriso sdentato ed ingiallito mi fa capire che è contento di vedermi.

Sono venuto in questo slum per i bimbi protagonisti del film The Millionaire, Mohammed detto Mohd (Salim) e Rubina (Latika), che sono in partenza per l’ Oscar. Mohd è molto gentile, ride e scherza. E’ eccitato come un bambino in partenza per il successo, ma non se ne rende completamente conto. La mamma di Mohd indossa sempre un sari bianco e nero; mi ha detto che per gli Oscar ne vuole uno nuovo e mi ha chiesto 1000 rupie. Il giorno dopo il rosa del suo novo sari risplende di luce propria per tutto lo slum. Il papà di Mohd è scorbutico e malato di tubercolosi, ha 45 anni ma ne dimostra 70. Sono ancora poveri nonostante l’Oscar, ma hanno sempre la speranza: ‘Uncle Danny ci ha comprato una casa e ci paga gli studi’, inoltre ha istituito un fondo al quale i bimbi possono accedere una volta raggiunta la maggiore età. Per ora vivono sotto una specie di tenda costruita con pali di legno e un telone di plastica che pubblicizza una società di costruzioni di Mumbai.
Mohd ogni volta che mi vede mi da il cinque ed insite per giocare con la mia macchina; gli ho comprato un paio di scarpe nuove, “gli servono per Los Angeles” dice la madre. Il piccolo smoking invece è un omaggio della produzione e viene messo con cura dentro la valigia il giorno della partenza. Il padre è spesso sdraiato su una stuoia con una flebo nel braccio mentre un suo amico li accanto si accende cilums di charas. Mohd ogni tanto va dal padre per assicurarsi delle sue condizioni e lui lo ripaga con affetto ed orgoglio.
Quando arrivano i fotografi e la Tv è un casino, Mohd viene circondato, i flash lo immortalano e spesso ha la faccia perplessa: non è ancora abituato a tanta fama. Rubina invece è gia una star: sorride, ammicca ai fotografi ed è spigliata di fronte alle telecamere.

C’è una macchina della Fox di fronte all’entrata dello slum sulla via principale che lo divide dalla ferrovia. Le due giovani stars, inseguite da TV e fotografi salgono sull’auto e vanno via a ritirare i loro passaporti. Io intanto colgo l’occasione per farmi un giro.

Due persone entrano in una specie di grotta: un tunnel che passa proprio sotto la strada dove sostava la macchina. Nel tunnel, alto poco più di un metro, spunta dal terreno una grossa tubatura dell’acqua. Sui lati, con mattoni e tavole di legno sono state costruite delle miniabitazioni di 2x3 metri, ne conto 10 per lato.
In fondo ad ogni tunnel c’è sempre una luce ed in questo caso è la stazione ferroviaria di Bandra.
Ovunque c’è sporcizia. Vedo un gallo zampettare sulla tubatura dell’acqua ed un gatto magro e fuori forma che va a caccia di ratti piuttosto grossi, scattanti e ben nutriti.
La prima stanza sulla destra è aperta e c’è una luce accesa. Una giovane donna è seduta per terra insieme ai suoi bambini. La donna mi guarda, io le chiedo a gesti se posso entrare, lei mi accoglie con uno sguardo dolce e timido. Fa un caldo infernale nella stanza, l’aria è bagnata ed ha un odore forte che si respira con la bocca dello stomaco. La giovane donna mi fa segno di accomodarmi, io, ingobbito dalla bassezza del soffitto, sposto un pentolino con degli avanzi di riso e formiche e mi siedo, fregandomene dei numerosi escrementi di ratto.
C’è una televisione accesa.
Pochi minuti dopo entra il capofamiglia. “As-Salam Alaikum sir”, “Alaikum Salaam”, mi risponde lui con un sigaretta trattenuta da un sorriso. Cerco di alzarmi per portargli rispetto ma lui mi fa un cenno: “non disturbarti”.
Una lampadina e la televisione illuminano la calda stanza. Si suda. Io lui, lei e 5 figli. Lei ha 25 anni e cerco di chiedergli come, quando, perchè 5?! Mi risponde che ne hanno altri 4 in giro. “Mio dio, perché fanno figli?!” dico tra me e me.
Uno dei bimbi (avrà 3 anni) piange, e non perché ha fame, ma dal dolore, si capisce perché è un pianto tormentato. La mamma accoglie il pianto tra le sue braccia insieme al più piccolo di pochi mesi. “Ha mal di denti” mi fa segno con una mano nella bocca.
Il più grande dei 5 è seduto accanto al padre, entrambi attenti a guardare la televisione ma distratti dalla mia presenza. L’altro fratello e la sorellina mi contemplano.
Sono tutti malridotti e sporchi.
La piccola ha la scabbia e tossisce. La tosse è forte e secca, gratta la gola e rimbomba nella sua gracile cassa toracica. Ha un ciuffo sulla testa legato da un elastico che proietta sul muro una buffa ombra. Gli occhi della bimba sono incantati verso qualcosa che vede solo lei, ma mi guardano, come se fossero sudati, ma non dal caldo. Si maledice dio nel trovare quello sguardo in un bambino. Tossisce ancora, ed ancora, ed ancora, mentre l’altro continua a piangere, l’aria è soffocante ed io che provo pietà.
Come si fa ad avere pietà per un bambino!? Cosi come averne paura?! Non si puo provare pieta’o paura per un bambino! E’inconcepibile! La paura per un bambino prende alla testa (ricordo un ex bambino soldato in Sierra Leone) ma la pietà, quella ti stritola il cuore e non ti ci abitui mai! Non ti ci abitui per il senso religioso che si ha del mondo, che non prevede un aldilà, ma che se svanisse maledirei me stesso oltre che dio.

C’è intimità. Si sono abituati alla mia presenza. L’aria è sempre più bagnata d’odore e umidità. Il più piccolo della prole si appisola mentre le carezze della mamma consolano il mal di denti dell’altro. La piccola continua a tossire ed il suo sguardo a sudare. Il padre guarda la tv insieme al figlio più grande. L’altro pargolo, invece, inizia a sorridermi ed insiste per vedere le foto sul display della macchina. Approfitto della confidenza per solleticargli l’addome con la mano ed è bello vederlo contorcersi per terra in una risata sguaiata.

lunedì 23 febbraio 2009

And the Oscar goes to...

















lunedì 16 febbraio 2009

Stanza e Asif

Ieri ho cambiato stanza, ho preso una singola: Keith è partito per Delhi, dice che si è rotto dell'India e vuole andare a Bangkok a fare un lavoro sui transessuali. La stanza è molto piccola e senza finestre, dato il mio disordine dovrò stare attento a non perdermi le cose. Lo stesso Keith si lamentava del fatto che durante la settimana che sono stato con lui erano spariti un telecomando, una bottiglia di sciroppo per la tosse e due rotoli di carta igienica... Bah... Mistero della fede.


Asif è un buon musulmano, cita spesso il corano ed è anche un bravo fotografo del Time of India: ha coperto gli attentati terroristici di Mumbai del 26/11. Mi ha preso in simpatia e con la moto mi ha portato nello slum di Bandra Est, nel nordovest di Mumbai. Poco tempo fa avevo letto la notizia che i bambini di The Millionaire sono stati lasciati da Danny Boyle nella merda e senza una lira, vorrei verificare.
Arrivati nello slum il bimbo non c'è, "è dal padre in ospedale, tornano domani" ci dice Mazoor un abitante dello slum che insieme ad altri quattro compari sta seduto accanto ad un chiosco che vende bibite e snacks. Chiedo ad Asif se Mazoor conosce la famiglia del bimbo e se puo' organizzarmi un incontro per domani. Siamo ben accolti da Mazoor ed i suoi compagni del "muretto": ci danno una sedia, un tè e dell'acqua. Mentre Mazoor ed Asif parlano in Indi, mi guardo intorno e mi intrattengo con gli altri gesticolando e condividendo le poche parole in inglese da loro conosciute. Ho il sole in faccia,  bevo il tè e tutto il resto che galleggia e che cerca di nuotare verso un improbabile isola che non c'è (se penso agli scarafaggi che mi sono bevuto in Sierra Leone questo è il minimo, inoltre non vorrei offenderli). Di fronte a me la ferrovia, delle baracche e pochi bambini che fanno i loro bisogni in mezzo ai binari, appena dietro le mie spalle una strada larga e polverosa a ridosso dello slum; mi stupiscono le baracche su due piani fatte di lamiera, sembrano castelli di carta. Asif intanto continua a parlare con Mazoor, lo vedo spesso ondeggiare la testa in segno di assenso in un modo che solo gli indiani sanno fare (ogni tanto ci provo, da solo, ma ancora non ci riesco, devo perfezionarmi prima di riuscire ad essere spontaneo).
Uno dei compari, il più anziano, mi mostra con orgoglio il suo orologio: un "rolex d'oro" pieno di "pietre preziose", io lo guardo, sorrido e lo restituisco, mi chiedono da dove vengo e di non preoccuparmi per il bimbo.
L'uomo accanto a me intanto dopo aver bevuto il tè tira fuori un tocco di fumo grosso quanto una noce, "il fumo si prende di fronte alla stazione di polizia" mi dice Asif traducendo l'Indi dell'uomo intento a squagliare e mescolare. Mazoor nel mentre apre un portaocchiali rigido che contiene un cilum. "Vuoi fumare?" mi chiedono, "no, no, no anymore thanks" il  mio rifiuto, non so perchè, suscita in tutti divertimento ed ilarità. Sono anni che non fumo, se mi faccio un tiro da quella pipa, con quella roba (penso sia charas) e sotto quel sole, mi ricoverano. Neanche Asif fuma. 
Sono in 5 e fanno una bella tirata ciascuno.
Io ed Asif ringraziamo del tea e ci congediamo gentilmente dall'allegra compagnia, appuntamento a domani con Mazoor "ma chiamami un'ora prima di venire".

Prima di avviarmi verso l'hotel io ed Asif andiamo accanto alla stazione per un'altra tazza di tè.
Asif è robusto, porta sempre un cappellino da baseball, ha la barba fatta e e gli occhi buoni e tristi. Mi dice che ha 29  anni, che è nato in Uttar Pradesh ma sono ormai 20 anni che vive a Mumbai. Mi spiega come mi devo comportare, quando devo stare attento, mi da un po di contatti e mi mostra la città di fronte ad una mappa. Poi parla del Pakistan (sui giornali Pak), dell'India in generale, le sue numerose lingue (più di 120) e del suo essere musulmano. Ovviamente condanna duramente il terrorismo citandomi il Corano: "Killing one innocent person is equivalent to killing the whole of humanity while saving one life is equivalent to saving the whole of humanity". Parlando di religioni non so perchè il discorso cade sui babas, quei tipi che ad esempio, per scelta, decidono di rimanere con un braccio alzato o decidono di non sedersi mai (in questo caso standing babas): "Che ti frega di quei stupidi babas? Cosa fanno loro per gli altri? Cosa significano? Le nostre azioni devono sempre avere a che fare con gli altri, devono tendere a migliorare cio che ci circonda, se io faccio una foto ad una buca e la pubblico qualcuno forse il giorno dopo si muoverà per riattopparla" "Good point" rispondo io. Lui sorride e sempre con quell'aria buona e triste paga il conto e mi accompagna alla stazione: "Ciao Luke, ci sentiamo domani e chiamami per qualsiasi cosa" 



Il giorno dopo ho incontrato il padre del bimbo, vuole $100.


Regola N. 1: A Mumbai bisogna fare molta attenzione ad attraversare la strada. 


giovedì 12 febbraio 2009

L'Accessorio


Ieri ho visto un Uomo trascinarsi alla stazione ferroviaria di Andheri, a nord di Mumbai.
L'Uomo era seduto e si spingeva con le esili braccia appoggiate appena dietro l'osso sacro. Le gambe, intanto, a fatica, cercavano di tirare verso di se quei pochi metri d'asfalto rimasti che lo separavano dalla sua cuccia dietro una colonna della stazione. 
La gamba sinistra sembrava molto gonfia ed era completamente avvolta da uno straccio nero, a nascondere, o a preservare dalla sporcizia, una malformazione o infezione.
L'Uomo era lercio ed indossava un abito grigio. La barba ed i capelli lunghi nascondevano una carnagione scura, gli zigomi erano molto sporgenti, come se qualcuno li avesse gonfiati dall'interno; e gli occhi! Mio dio quegli occhi! tremendamente neri, grandi e vitrei.
L'Uomo non aveva nulla con se, solamente un taschino vuoto all'altezza del petto, talmente attillato al tessuto sottostante da non poter nascondere neanche una ipotetica banconota da una rupia. 
In un momento, però, intento ad osservare l'innaturale inclinazione dei polsi, segnati da anni vissuti in quelle condizioni, ho notato un anello all'anulare della mano destra. L'anello, di un metallo imprecisato, era sporco ed ossidato.
Quell'anello era l'unica cosa che possedeva, poteva valere un pasto o qualche spicciolo, ma l'Uomo, dagli occhi tremendamente neri, grandi e vitrei, lo aveva ancora al dito!

lunedì 9 febbraio 2009

Mumbai Victoria Station





domenica 8 febbraio 2009

India Today pools: Giovani e Politica




INDIA TODAY

Articolo del 5 febbraio 2009

Exclusive pool: youth and politics

73% of young India thinks politician should retire at 60

47% think that India can function better only under military rule

56% believe in exercising their right to vote

91% want backround checks on candidates

38% in Delhi say they won't vote for a candidate outside their religion

84% would reject candidates with criminal records

82% have faith in India electoral system

30% think that politicians are doing a good job. The highest in Mumbai at 64%. Only 21% believe that they are bad.

89% say that candidate's backround information should be made available to a voter

35% of Mumbai youth worry about increasing poverty, followed by unemployment (27%) as opposed to terror threats (18%)

Che schifo

Che schifo! E' tutto sporco di sangue, il corridoio, il bagno in comune e la stanza accanto alla nostra. Proprio quella stanza, quella grande dove oggi dovevamo trasferirci.

E' una coppia di hippies che ha fatto il casino. Lui ha i dreadlocks, magro, barba incolta, qualche ruga e gli occhi a mezz'asta, mi sa che è un tossico. La voce è impastata: "she doesn't want to go to the hospital"; ed i suoi piedi!? E' uno che cammina scalzo, si vede dalle cicatrici, ora sporche di polvere e sangue. Lei è seduta su un pacchetto, nello stretto corridoio, con la testa chinata sul petto; è tutta sporca di sangue, sembra avere una ferita alla testa. Anche lei ha i piedi martoriati e sporchi.

Abu, il padrone dell'hotel è incazzato nero, non sa da dove iniziare a pulire, urla e li manda affanculo in ospedale: Do not come back again!"

Ed io? Anche io sono incazzato, il cesso è sporco di sangue e sono desideroso di evacuare il cibo vegetariano di questi due giorni: dona masala, south indian hali with palawi, butter idli, medu wapa,... ed un club sanwitch.

L'Odore dell'India

E' proprio vero! E' l'odore! E' l'odore la prima cosa che ti colpisce in India, lo diceva Pasolini nel '61 e ora lo dice Pellecchia nel 2009: "quell'0d0re, quel misto frutta, legna bruciata, smog, marcio".
Prima dei sentimenti e della ragione viene l'olfatto. Respiri l'Odore, e non ti abitui, stupisce, ti accompagna e sarà un ricordo.

Sul taxi non ho fretta di arrivare in hotel, è lui che perde tempo non io.
Stanco del lungo viaggio, mi godo ciò che vedo, sento e respiro, nel torpore dei miei pensieri: chiasso, traffico, gente che attraversa per strada, uno che piscia, mendicanti scalzi, i palazzi "scafazzati" (come direbbe Alfredo), il cielo quasi bianco per l'umidità, le voci, i calcson, la sporcizia, uno che fuma, una donna con un bellissimo sari giallo e blu, tre bambini che si affrettano ad andare a scuola, altri tre che fanno l'elemosina al mio finestrino, "se non suoni il clacson la città è più vivibile" recita un cartello, sento della musica ma non so da dove viene, il mio taxi con Shiva e Visnu sul cruscotto e quell'uomo butterato e con i baffi a volante... frena, poi accelera, poi frena di nuovo e riaccelera, sterza a sinistra, poi di colpo a destra e ancora a sinistra, sembra aver trovato uno spazio dove passare ma alla fine si ferma, arreso... ed io, stanchissimo, barcollo avanti ed indietro, incastrato tra lo zaino e lo sportello, lasciandomi trasportare. L'Odore è forte ed il sole del mattino, ancora basso, allunga le ombre ed illumina la scena con una luce dorata.

Ho comprato la simcard indiana, ho mangiato, mi sono fatto un paio di birre al Leopold (famoso per gli attentati del 26/11 oltre che per Shantaram) ed ho chiamato i miei contatti (appuntamento domenica con uno e lunedì con l'altro). Mi fumo una sigaretta e vado a dormire. Non faccio in tempo a toccare il materasso che crollo in un sonno profondo evitando così il limbo del dormiveglia spesso ricco di pensieri.